Mario, Dio e l'ingorgo
Quel giorno pioveva.
Quando a Roma piove, non importa quanto, il traffico impazzisce.
Dev'essere qualcosa di magico che spinge i romani a uscire, come tante lumachine, alla prima goccia d’acqua. Come topi attirati dal magico pifferaio, si precipitano nelle loro scatolette di latta e si radunano festosamente nelle strade.
Quel giorno poi, pioveva forte.
Mario era uscito in anticipo dal lavoro, e si avviava contento verso casa.
Un’ora dopo era ancora molto lontano dalla sua meta e rimuginava infelice nel suo cubicolo semovente.
I pensieri vagavano e divagavano, pensieri cosmici sul perché e il per come, sulla vita e le galassie, sulle ragioni ultime della creazione dell’ingorgo finale.
Improvvisamente... bataaaaboooooooooom!
Uno schianto, un lampo, fumo…
Un fulmine pensò Mario, sono morto pensò il pessimista dentro di lui.
Poi il fumo si diradò e Mario si rese conto che, accanto a lui, seduto sulla macchina, senza neanche la cintura allacciata, c’era un signore vestito di bianco con una gran barba (bianca), i baffi (bianchi) e i sopracciglioni (bianchi).
Mario sospirò, era Dio che gli faceva visita. Stava diventando routine.
“Buona giornata” disse il vecchio con voce stentorea, con un forte rimbombo e un vago effetto eco. Mario scosse la testa, parlava sempre così: era estremamente fastidioso.
“‘Insomma, mica tanto buona, è più di un’ora che sono in macchina, veramente sembra una giornata di merda a questo punto.”
“Ahhhh, l’ingorgo – disse il vecchio sogghignando – è tutta Opera Mia!”
Ora, tutti sappiamo come Mario fosse fondamentalmente un bonaccione, ma di fronte all'orgoglio e alla soddisfazione espressi dal vecchio si innervosì, nonostante gli fosse chiaro che, anche l'ingorgo, come del resto tutto, fosse opera dell'Onnipotente.
Perciò bofonchiò qualcosa di offensivo, masticato tra i denti, all'indirizzo del suo passeggero abusivo.
“Ahhhh-aahhhh – fece quello, per nulla offeso – vedo che non ti rendi conto del mio disegno, e non hai abbastanza fede da accettare le mie opere senza criticare.”
“Disegno?”
“Va beh, il cervello che vi ho dato era una buona idea, ma ho paura di doverci ancora lavorare sopra. Quanto tempo è che sei in fila ?”
“Un’ora e mezza" - disse Mario con malcelato malumore.
“Bene! E cos'hai fatto in tutto questo tempo?”
“Guidato?” – sibilò Mario, che non riusciva a capire dove il vecchio volesse andare a parare.
“Sì, va beh, hai guidato, e poi?”
Mario guardava il vecchio con sguardo vacuo. Che ho fatto? Ho guidato - pensava - ma guarda questo. Evitò però di esprimere il suo disappunto.
“Non hai pensato a niente?” – Disse ridacchiando sotto i baffi (bianchi) il vecchiaccio.
“Beh sì, ho pensato, a un sacco di cose per dire il vero, fermo qui in mezzo al traffico che altro potevo fare? La mente parte da sola, certo che ho pensato.”
Il vecchio si stiracchiò con soddisfazione.
“Ecco bravo, ora avrai capito perché c’è quest’ingorgo. Così potete pensare, invece di correre come stupidi a destra e manca senza sapere perché."
Si aggiustò contento la veste bianca, poi fece un saluto con la mano: "Ora ho altro da fare, ti saluto. Stai tranquillo, hai un’altra oretta per pensare.”
Kataaaaabooooooom
Sparito.
La fila avanzò mestamente di un’altro metro.
Così, nella seguente ora, mentre arrancava nella fila, Mario pensò a Dio, al traffico, alla porchetta di Ariccia e a molto altro… come a Dio piaceva.
(c) 2009 Mario Pacchiarotti - Tutti i diritti riservati
Nessuna parte può essere riprodotta senza il consenso scritto dei protagonisti.
Nessuna parte può essere riprodotta senza il consenso scritto dei protagonisti.
0 commenti:
Posta un commento