Impressioni di lettura: Kitchen di Banana Yoshimoto
Quest'anno ho deciso di alternare letture indie che ritengo interessanti con libri più "classici", quelli che leggono tutti insomma. Un po' lo faccio per non crearmi troppi vincoli e quindi ampliare la scelta fuori dal mondo indie, un po' perché ci sono molti testi di sicuro interesse che non ho ancora avuto modo di leggere o che magari mi viene voglia di rileggere dopo tanti anni dalla prima volta.
Eccomi dunque a parlarvi di Banana Yoshimoto. La prima cosa da dire è una confessione: questo è il primo libro che prendo in mano di questa autrice, a dimostrazione del fatto che si può anche leggere moltissimo e tuttavia avere ancora mondi infiniti da scoprire.
Delicato. È il primo aggettivo che mi viene alla mente dovendo descrivere sia la storia che lo stile della scrittrice. Attenzione però, delicato, non debole. C'è l'elaborazione del lutto, anzi dei lutti. Tanto forti da cancellare persino la sessualità dei personaggi, o almeno abbastanza da tenerla in secondo piano, completamente sullo sfondo. In maniera secondo me molto intelligente dopo Kitchen nel volume viene inserito un racconto molto breve e intenso che tratta di fatto dello stesso tema. Se possibile questo mi ha colpito in maniera anche maggiore.
La seconda parola che mi viene alla mente invece è: incanto. Un ragazzo che gira con la gonna, un padre che diventa madre, una ragazza che sembra spersa nella nebbia e non sa più uscirne, fantasmi che tornano a consolare. Alla fine se ne esce, lentamente, con prudenza, fino a poter tornare a pensare alla vita.
Sono molto contento di aver letto questo libro e ne leggerò di certo altri di Banana Yoshimoto. Questo modo di raccontare mi appartiene e vederlo utilizzato da qualcun altro mi incoraggia a togliermi un po' della paura che mi prende quando mi trovo a scrivere abbandonando la realtà e raccontando l'incanto.
Una bella sorpresa, una lettura di certo raccomandabile.
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