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venerdì 6 novembre 2015

Impressioni di lettura: "e-Doll" di Francesco Verso

Come faccio spesso, anche questa volta inizio con delle premesse. In questo caso riguardano la fantascienza. Si tratta di un genere che io ho sempre amato in maniera particolare, eppure se dovessi definirmi appassionato di fantascienza avrei detto una cosa inesatta. Questo perché il mio entusiasmo rimane limitato alla lettura e mi disinteresso abbastanza di tutto quanto c'è intorno. Raramente approfondisco, per dire, la biografia di un autore, o partecipo a eventi, mostre, fiere. Sono insomma un lettore appassionato ma non quello che si potrebbe definire un fan.

Tuttavia la amo. Sia quando leggo che quando scrivo. La possibilità di creare qualsiasi mondo si voglia, qualsiasi personaggio, razza, situazione, tecnologia, sia utile allo scopo che ci siamo prefissi, consente agli autori di questo genere la massima libertà possibile. E spesso i risultato sono egregi.

Questo libro ha una bella storia, un'ottima ambientazione, personaggi molto interessanti. Ci sono insomma tutti gli ingredienti necessari per fare un bel libro. E in effetti mi sono divertito a leggerlo, l'ho gradito (e non sono certo il primo a farlo). Qualcosa però mi ha quasi disturbato in certi punti della lettura. Ci ho messo un po' per capire cosa, ma alla fine credo di esserci arrivato. Si tratta dello stile particolare con cui alcune parti sono scritte. Mi procura un senso di disagio appena percettibile, eppure presente. Non è il primo autore che mi capita con questa caratteristica, per citarne uno non proprio di secondo piano, Gibson a volte mi procura la stessa sensazione, per motivi diversi, ma con risultato simile.

La cosa non toglie nulla al libro, anzi, ma mi piaceva trasmettere questa sensazione perché a mio avviso rappresenta un fattore interessante per chi legge e ancora più per chi scrive.
Per fare un esempio concreto, il capitolo 7 inizia con Gankin che visita il Fabbricante, apre con una frase di dialogo per poi partire in una lunga spiegazione che dovrebbe essere interna al pensiero di Gankin stesso ma stilisticamente appare quasi  documentaristica. Non è tanto il possibile infodump a colpirmi, ammesso che ci sia (chi di noi non usa personaggi e situazioni per somministrare informazioni al lettore?), quanto lo stile con cui viene fatto questo passaggio, come dicevo più da saggio che da romanzo. Interessante il fatto che la cosa si ripeta sempre con lo stesso personaggio, dando una connotazione particolare, distaccata dal resto, al suo modo di pensare. Non posso giurarci ma penso sia una cosa voluta. Ma insomma, niente di male, è solo una particolarità stilistica che mi ha colpito.

L'altra cosa che mi ha fatto pensare riguarda il sesso, l'umanità e gli androidi con tutte le domande che la lettura ci porta a porci. Un tema declinato in questo caso in un modo stimolante. Devo dire tra l'altro che dopo aver preso alcuni libri dell'autore, ho deciso di leggere questo libro per primo proprio perché avevo appena finito di scrivere un racconto con al centro il sesso artificiale, tramite androidi, e quindi mi piaceva vedere come era stata affrontata la materia in questo romanzo. Ho trovato una problematica del tutto diversa da quella che avevo voluto focalizzare nel mio racconto, che mi ha mostrato altri aspetti interessanti. Certo quello degli androidi, del confine tra artificiale e umano è un tema analizzato dalla fantascienza in lungo e largo, ma alla fine c'è sempre un "altro" modo di vedere le cose. Direi che Francesco ha avuto successo nel raccontare il suo.

Sintesi: un bel libro, buona pappa per la mente, con il vantaggio di essere italiano, leggetelo.

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