Impressioni di lettura: "Quella volta che sono morta" di Cetta De Luca
Io adoro i "what if". Cosa succede se...
Tutto quello che scrivo in fondo nasce da una domanda del genere. Molti dei miei pensieri e riflessioni. Posso dire che si tratta in fondo del mio approccio alla vita, farsi sempre una domanda in più, mettersi nei panni dell'altro, in una situazione diversa, immaginare come sarebbe se accadesse qualcosa di impossibile, inaspettato.
Capite quindi che un libro che gira intorno a una donna che "muore" per alcuni minuti, una dozzina appena, e poi torna in vita, non poteva che prendermi.
La nostra protagonista ha subito proprio questo tipo di esperienza, quasi morta diciamo, o comunque tornata da uno stato di morte almeno apparente. Peccato che non ricordi niente di quei dodici minuti. Da qui l'idea di ricorrere all'aiuto di qualcuno che esplori, magari con l'ipnosi, proprio quel tempo perduto.
Tutto qui. La scusa è questa, lo svolgimento un'ironico racconto, una serie di analisi, divagazioni, invenzioni e ragionamenti, che accompagnano la ricerca di quei minuti perduti, il tempo prima e dopo. E in un testo così piccolo l'autrice mette una quantità di cose... Tante davvero. Alcune mi hanno colpito al cuore, perché un po' mi riguardano, in altre ho riconosciuto persone amiche. Infine arriva il racconto di quei minuti. Non sono bravo con queste cose, non sono un lettore che percepisce con facilità riferimenti e allegorie, citazioni dotte e omaggi letterari. Non so se ve ne siano, chissà, potrei chiederlo all'autrice. Di fatto la storia mi ha affascinato, gatto, aquilone e chitarrista inclusi.
Una domanda però vorrei farla a Cetta. Perché questo libro, così simile a un sogno, così "stravagante" per certi versi, sembra molto più reale di tanti altri che ho letto e mi sono chiesto quanto ci fosse di Cetta.
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