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venerdì 11 luglio 2014

Recensione: "L'enigma delle anime perdute" di Manuela Paric'


Ecco un altro libro che tenevo in evidenza da leggere da un bel po' di tempo. 
Spalmato sul mio lettino a bordo piscina ho trovato la pace e il tempo per godermelo.

Il primo pensiero leggendolo? Che libro strano. 
C'è un modo di raccontare che non riesco a definire, mi viene da dire "obliquo", come se tutto fosse visto da un punto di vista leggermente fuori campo, ma mi rendo conto di non riuscire a descrivere la mia impressione. Sta di fatto che questo modo di narrare, insieme secco ed essenziale, ma anche continuamente intriso dei sentimenti del narrato, si avvicina molto al mio sentire.

Ecco, forse mi piace proprio perché sembra quasi che il narratore invece di essere una voce asettica e lontana, sia invece un'estensione dei sentimenti dei personaggi narrati.

E sono proprio i personaggi ad essere la parte migliore. A partire da Mocha, un uomo che non posso non amare e che, non sono certo del motivo, nonostante lo stile di scrittura sia molto diverso, mi ha subito fatto venire in mente Maigret di Simenon. Forse perché entrambi sono, in maniera diversa ma simile, uomini di forti passioni, fisici, spinti dalla necessità interiore, caparbi nel loro intento. C'è un momento in particolare quando Mocha cammina sotto la pioggia che mi ha ricordato un'analogo momento in cui Maigret affronta la pioggia con simile indifferenza proprio nel primo libro della serie.

Pensando ai personaggi del libro me li sono immaginati dipinti con tratti forti a china e colori cupi in pennellate nervose. È il mio modo di inquadrare i libri, mi immagino la "mia" copertina.

Un finale che fa un po' male, a noi così come a Mocha, e che ci lascia con la consapevolezza che il mostro molto spesso è nascosto tra noi e, a volte, dentro di noi.

Un piccolo messaggio per Manuela: scrivi ancora, a qualcuno i tuoi racconti piaceranno, ad altri no, ma credo proprio che valga la pena continuare.

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